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L’amore “folle” in Psichiatria e le accuse: “Accoltellata perché non volevo fare sesso”, lui assolto

Palermo ( lunedì, 12 maggio 2025) – La relazione tra una cinquantenne, sposata e madre di 5 figli, e un trentenne era nata nel reparto di Villa Sofia per poi finire in tribunale. Secondo la donna, l’imputato quando sarebbe stato ubriaco l’avrebbe picchiata e costretta a rapporti intimi, arrivando a farle tre tagli a un braccio di fronte al suo rifiuto. “Ha mentito, si è ferita da sola per autolesionismo”.

di Marika Ballarò

Un amore… folle, non c’è altro modo di definire la relazione tra una cinquantenne, sposata e madre di cinque figli, e un trentenne, sia perché era nato proprio in un reparto di Psichiatria, ma anche perché i contorni della storia, fatta – a dire della donna – di botte, di rapporti sessuali imposti e persino di un’aggressione con un coltello da cucina col quale l’uomo l’avrebbe ferita ad un braccio – hanno portato ad un processo, durato 6 anni, che si è concluso con un finale decisamente poco prevedibile: la signora si sarebbe inventata tutto, compresi i tagli che si sarebbe praticata lei stessa per autolesionismo. L’uomo, che oggi ha 44 anni, è stato così assolto con la formula piena “perché il fatto non sussiste” dalle accuse di maltrattamenti e lesioni.

I giudici della quarta sezione del tribunale, presieduta da Bruno Fasciana, al termine del dibattimento hanno infatti accolto le tesi della difesa dell’imputato, rappresentata dall’avvocato Alfonso Papa, e respinto la richiesta di condanna a tre anni formulata dalla Procura, ritenendo la presunta vittima inattendibile e basandosi pure su una consulenza medica che avrebbe dimostrato l’incompatibilità dei tagli riportati dalla donna con un’aggressione che – anche per la presenza di altre cicatrici simili sullo stesso avambraccio – sono stati quindi ricondotti appunto a gesti di autolesionismo.

I due si erano conosciuti durante un ricovero a Villa Sofia, nell’estate del 2019, e, come ha messo a verbale la donna “non so cosa mi sia successo, come se mi avesse fatto il lavaggio del cervello e mi sono innamorata di lui…”. Così avrebbero deciso – secondo la presunta vittima – di andare a vivere insieme appena usciti dall’ospedale. Lui, con problemi di alcolismo, era stato dimesso prima di lei, ma avrebbero continuato a sentirsi per telefono. A questo punto, però, le versioni divergono notevolmente: lei ha raccontato che l’uomo sarebbe andato a prenderla e insieme sarebbero andati a vivere nella casa di lui, nel centro di Palermo; lui invece ha riferito invece di non ricordare di aver accettato quella convivenza e che la donna si sarebbe piazzata davanti alla sua abitazione, dormendo su una panchina per una settimana, fino a che non l’aveva presa in casa.

In base al racconto della signora – che nel frattempo aveva abbandonato il marito e i cinque figli – per i primi due mesi tutto sarebbe andato bene, poi invece sarebbe cominciato l’inferno: l’imputato avrebbe deciso di non prendere più i farmaci e avrebbe ripreso a bere tantissimo. E, proprio quando sarebbe stato ubriaco, l’avrebbe picchiata, mettendole anche le mani al collo, spaccato oggetti lanciandoli contro le pareti e l’avrebbe anche costretta ad assecondare i suoi desideri sessuali, nonostante lei si rifiutasse: “Nell’intimità – ha denunciato la donna – mi imponeva di fare tutto ciò che lui voleva e non potevo esimermi”, aggiungendo che “è successo più volte che non volessi avere rapporti sessuali con lui e allora mi minacciava di mandarmi fuori di casa. Tre o 4 volte è successo che mi mandasse fuori di casa di notte e anche di giorno, dicendomi che se non volevo avere rapporti potevo andarmene. Io allora chiamavo sua madre per convincerla a farmi rientrare e quando poi mi riapriva la porta, dovevamo avere il rapporto sessuale”. Una volta, inoltre, sempre secondo la versione della donna, l’imputato l’avrebbe anche spinta sotto una macchina in via Libertà, raccontando poi che si fosse lanciata da sola.

La situazione sarebbe totalmente degenerata, tanto da portare la presunta vittima a presentare una denuncia, il 17 dicembre del 2019, quando nel cuore della notte l’imputato avrebbe preteso di fare sesso e lei si sarebbe opposta. Sarebbero partite così le botte e lui avrebbe afferrato un coltello da cucina con cui l’avrebbe ferita tre volte su un avambraccio. Era stata lei a chiamare la polizia e un’ambulanza e poi, il 24 dicembre, a formalizzare la denuncia, facendo scattare il Codice rosso. Da quel momento la donna avrebbe chiuso i ponti con l’imputato e sarebbe tornata dal marito e dai suoi figli.

Durante il processo, però, la dichiarazioni della donna non sono state giudicate credibili ed è emerso, tra l’altro, che uno dei motivi per cui in passato era stata ricoverata in ospedale era legato ad atti di autolesionismo. Non solo: la presunta vittima avrebbe pure ammesso, parlando con la madre dell’imputato, di aver inscenato l’aggressione a coltellate per paura di essere abbandonata. Da qui l’assoluzione per l’uomo.

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Last modified: Maggio 12, 2025
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