Palermo ( venerdì, 3 ottobre 2025)– Una bracciante agricola si è vista revocare la pensione di reversibilità e i contributi previdenziali da parte dell’Inps, che riteneva falso il suo impiego – e quello del marito defunto – presso un’azienda agricola risultata “fantasma”, cioè inesistente per Fisco e Inps. L’ente, infatti, sosteneva che l’impresa non avesse mai versato tasse o contributi, rendendo quindi nullo ogni rapporto lavorativo dichiarato.
di Marika Ballarò
La donna, però, ha fatto ricorso e il tribunale del Lavoro le ha dato ragione, stabilendo un principio importante: le irregolarità del datore di lavoro non possono annullare i diritti dei lavoratori.
Nonostante l’azienda agricola avesse diverse anomalie (tra cui un cambio di attività da impresa agricola ad agenzia funebre, nessuna traccia fiscale e nessun versamento contributivo), la lavoratrice è riuscita a dimostrare la reale esistenza del rapporto di lavoro. Ha presentato contratti, buste paga, certificazioni fiscali e ha portato in aula cinque testimoni, tra cui lo stesso datore di lavoro, che hanno confermato l’attività nei campi.
Il giudice ha riconosciuto validi gli elementi forniti e ha obbligato l’Inps a riconoscere oltre 150 giornate lavorative all’anno tra il 2014 e il 2019. Di conseguenza, dovrà essere ripristinata anche la pensione di reversibilità legata al marito.
La sentenza rappresenta un precedente significativo per chi lavora in contesti precari o in aziende non in regola, riaffermando che la prova effettiva del lavoro svolto ha valore anche in presenza di gravi omissioni da parte del datore. Le spese legali sono state compensate, in quanto l’Inps – secondo il giudice – non poteva sapere con certezza come stessero realmente i fatti, vista la mancanza di dati ufficiali.
Last modified: Ottobre 4, 2025

