Palermo ( venerdì, 2 maggio 2025) – Le parole di monsignor Gualtiero Isacchi durante il funerale dei tre ragazzi uccisi a Monreale in un Duomo affollato da centinaia di persone: “Essere qui, davanti ai loro corpi senza vita, ci pone brutalmente davanti alla gravità della situazione sociale in cui siamo immersi”. Il sacerdote si è rivolto anche direttamente ai loro parenti.
di Marika Ballarò
“Essere qui, davanti ai corpi senza vita di Andrea, Salvatore e Massimo ci pone brutalmente di fronte alla gravità della situazione sociale nella quale siamo immersi, caratterizzata troppo spesso dalla violenza” e “dobbiamo compiere una decisa e radicale inversione di marcia”, sono questi alcuni passaggi dell’omelia di monsignor Gualtiero Isacchi pronunciata nel Duomo di Monreale – affollato da centinaia di persone – durante il funerale dei tre ragazzi uccisi a colpi di pistola nella notte tra sabato e domenica scorsi. Il sacerdote che ha ripetuto “perché tanta ingiustizia, perché tanta violenza?” e ha invitato comunque al perdono, si è poi rivolto anche direttamente alle madri e a tutti i parenti della vittime: “Con voi piange tutta Monreale. Piangono, pure, tanti uomini e donne – genitori, figli, educatori – che da tutta Italia hanno fatto giungere il cordoglio e la partecipazione al nostro dolore e alla nostra preghiera”, ha detto.
‘Accoglimi, Signore: in te ho posto la mia speranza’ le parole che il salmo responsoriale ci ha fatto ripetere sono la preghiera che oggi innalziamo al Signore insieme con i nostri Andrea, Salvatore e Massimo: Signore ti chiediamo di accogliere questi tuoi figli e di consolare i cuori dei loro famigliari e di tutti noi perché solo in te troviamo speranza. Essere qui, davanti ai corpi senza vita di Andrea, Salvatore e Massimo, ci pone brutalmente di fronte alla gravità della situazione sociale nella quale siamo immersi, caratterizzata troppo spesso dalla violenza: non sappiamo più parlare, dobbiamo urlare; non sappiamo più dialogare, dobbiamo inveire; non sappiamo ascoltare, dobbiamo imporci… Da qui agli atti di violenza fisica e di morte il passo è veramente breve come ci mostra la cronaca quotidiana. Pare che nessun luogo o comunità possa essere immune da un tale contagio di violenza! Dobbiamo compiere una decisa e radicale inversione di marcia. Ma da dove partire? Il Vangelo che è stato proclamato, ci ha riportati ai piedi del Santissimo Crocifisso al quale, da 400 anni, Monreale con fede chiede grazia”.
“Noi sappiamo che la croce è salvezza, che il sacrificio di Cristo ci ha donato la vittoria sulla morte, sappiamo che stiamo celebrando la vita, ma ne avvertiamo, della croce, anche lo scandalo. Le morti di Andrea, Salvatore e Massimo ci interrogano: perché tanta ingiustizia? Perché tanta violenza? In questa celebrazione ripetiamo la richiesta che martedì sera è risuonata più volte per le strade di Monreale: Giustizia! Ma qui, di fronte a Dio, non ci accontentiamo della giustizia umana che ‘è la ferma e costante volontà di dare a ciascuno ciò che gli spetta di diritto’, noi cristiani chiediamo di più, chiediamo la giustizia di Dio che implica anche un nostro agire in conformità con la volontà di Dio, che è volontà di salvezza e di vita per tutti (cf Gv 6,37-40). Carissimi fratelli e sorelle, carissimi giovani, per noi cristiani domandare giustizia significa chiedere salvezza e vita per tutti, ma anche scegliere di essere noi stessi giusti, cioè ‘promotori della giustizia divina’ mostrando al mondo la vita buona del Vangelo che si oppone alla peste dell’ingiustizia che mostra violenza, degrado e solitudine”.
“Care mamme Antonella, Giusi e Debora, cari papà Mario, Giacomo ed Enzo, cari Claudia, Marco, Giusi, Giuseppe, Ignazio, Sabrina, Marika e Gabriel Ignazio, cari nonni, famigliari tutti, insieme con voi piange tutta Monreale. Piangono, pure, tanti uomini e donne – genitori, figli, educatori – che da tutta Italia hanno fatto giungere il cordoglio e la partecipazione al nostro dolore e alla nostra preghiera. Con voi condividiamo la fede che ci dà la certezza che Andrea, Salvatore e Massimo hanno incontrato il Cristo crocifisso-risorto. Con lui morti e con lui risorti, ora vivono nella gioia senza fine della vita piena in Dio. Questa celebrazione eucaristica, memoriale della morte e risurrezione di Gesù, indica anche a noi quell’unica strada sulla quale i nostri figli ci hanno preceduti, e sulla quale siamo chiamati a camminare qui e ora”.
Nel racconto evangelico Gesù compie e indica i due passi decisivi che spezzano le catene dell’ingiustizia e vincono la morte. Il primo lo esprime con queste parole: ‘Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno’. Il perdono è un’azione potente che taglia la strada all’ingiustizia, spezza la catena della violenza e offre la possibilità, a tutte le vittime del sistema violento, di convertirsi e di riprendere in mano la propria esistenza. La seconda parola è: ‘Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito’, di fronte al mistero della fragilità e allo sconcerto dell’ingiustizia umana Gesù ci insegna ad affidarci completamente al Padre. Perdono e affidamento a Dio, due passi per noi difficili da compiere, infatti anche il racconto lucano presenta quattro modi diversi di vivere l’ingiustizia, la violenza, la morte di croce. Li voglio evidenziare perché ciascuno si possa misurare con essi. Il popolo stava a vedere. È la tentazione più comune, quella di restare estranei ai fatti che accadono, di rimanere indifferenti, seduti nelle nostre case davanti agli schermi. È l’atteggiamento di chi, raggiunto dalla notizia di cronaca, morbosamente cerca informazioni e, rimanendo indifferente al dolore, ‘sta a vedere’ ciò che accade. I capi e i soldati lo deridevano. Sono coloro che vedono nel Crocifisso il perdente. È l’atteggiamento dei violenti, di coloro che scelgono le logiche del potere, della prepotenza e della sopraffazione come modo di agire, facendo così proliferare il germe della vendetta che alimenta il vortice della violenza. I suoi conoscenti, gli amici e le donne che lo avevano seguito, stavano a guardare da lontano. Anche chi vuole bene a Gesù, resta lontano: troppo dolore, troppo sconforto, troppo pericoloso. I discepoli hanno paura di fare la stessa fine di Gesù, e quindi non parlano o, addirittura, lo rinnegano. Si chiudono nel loro sconcerto nascondendosi dietro le responsabilità degli altri. Infine c’è un soldato romano, un centurione non diverso dagli altri, che però vedendo come si erano svolti i fatti esclama: ‘Veramente quest’uomo era giusto’. Capisce che la giustizia, non è qualcosa che devono fare gli altri, ma è una scelta personale, un modo di vivere e di abitare anche la morte. Dentro questa intuizione c’è il principio di un mondo nuovo!”.
“Carissime mamme Antonella, Giusi e Debora; carissimi papà Mario, Giacomo ed Enzo; fratelli e sorelle, famigliari tutti; carissimi amici di Andrea, Salvatore e Massimo, carissimi fratelli e sorelle che ci sentiamo feriti nell’intimo, la Parola di Dio, non dà risposte, ma indica la strada possibile per porre un limite chiaro all’ingiustizia e per promuovere un modo giusto di abitare la terra. È questa la novità del Vangelo, la potenza del Crocifisso, il compito della Chiesa e di ogni battezzato: non prepararsi per “andare in cielo”, ma un agire per ‘portare il cielo sulla terra’ perché la vita umana sia sempre più conforme a quella di Dio instaurando la giustizia che è pace, vita e salvezza per tutti. Il Santissimo Crocifisso, che è il cuore del Vangelo, ci annuncia che ora tutto ciò è possibile. Accogliamo questa parola e lasciamo che sconfigga la paura, diradi la foschia del dolore e alimenti la nostra speranza”.
“Preghiamo e affidiamo alla misericordia di Dio Andrea, Salvatore e Massimo perché lui, Padre misericordioso che non perde nessuno dei suoi figli, li accolga nella pienezza di quella eternità nella quale non c’è più dolore, ingiustizia e morte. Ricompensali per il bene e la gioia che hanno portato nelle loro case e nella nostra città. Preghiamo per le loro mamme, i papà, le sorelle, i fratelli e i famigliari, perché possano trovare consolazione nelle Parole della fede e nel sostegno dell’intera comunità. Chiediamo anche a voi, Andrea, Salvatore e Massimo di pregare per noi, per le vostre famiglie e per la vostra Monreale: ora che vedete Dio faccia a faccia domandate per noi pace e speranza, finché non ci incontreremo di nuovo nel paradiso che da oggi è la vostra casa. Maria, madre addolorata, ci sostenga ai piedi della croce e ci doni consolazione e speranza”.
Last modified: Maggio 2, 2025